La Diocesi

L’età antica

Le fonti che attestano l’antichità del cristianesimo a Lucca, sono di due ordini: documentale e archeologico.

Il documento più antico risale al 343, ed è la firma del vescovo Massimo al concilio di Sardica, I’odierna Sofia: MAXIMUS A TUSCIA DE LUCA. La sua presenza a un concilio cui parteciparono solo 170 vescovi e in una regione assai lontana dalla propria sede, lascia intuire che a Lucca doveva esistere una comunità cristiana fiorente. E’ pertanto lecito farne risalire l’origine al II o al massimo al III secolo.

La prova archeologica più antica viene fornita dagli scavi condotti nel complesso di S. Reparata e S. Giovanni, che hanno portato alla luce abbondanti resti di una grande basilica a tre navate con pilastri affrescati (V sec.) e un battistero paleocristiano (seconda metà del IV). Tali vasti e ricchi edifici fanno pensare a una comunità cristiana forte e numerosa, con origini in un passato assai lontano.

Nel sec. VI compare poi la documentatissima figura del vescovo S. Frediano, la cui azione è rivolta principalmente a incrementare la diffusione del cristianesimo nelle campagne attraverso l’istituto delle pievi.

Il Medio Evo

L’abbondanza di documenti conservati negli archivi della Diocesi consente di conoscere con ineguagliabile esattezza le vicende della Chiesa di Lucca e del suo territorio fin dall’alto Medioevo. Sembra che la Diocesi lucchese comprendesse, a levante, quasi tutto il territorio della Diocesi di Pistoia, retta allora da un corepiscopo. E’ comunque certo che in quelle terre i vescovi lucchesi avevano vasti possedimenti terrieri, come vasti possessi avevano pure nella Maremma toscana sia all’interno (Roselle) che sul litorale (Gualdo, Populonia e Monteverde). Anche ai confini col territorio senese diversi monasteri, con le loro pertinenze, erano di proprietà dei vescovi lucchesi.

La più antica descrizione della Diocesi è il Libellus extimi Lucane Dyocesis dell’anno 1260. Si tratta di un catalogo delle chiese, monasteri e luoghi pii della Diocesi, compilato in occasione della raccolta di una decima papale. Questo documento, sebbene non completo (mancano i luoghi che non avevano rendite), fornisce tuttavia una visione esatta della consistenza della Diocesi: essa comprendeva oltre 770 fra chiese, conventi, ospedali e luoghi pii, distribuiti su un vastissimo territorio che confinava a nord con l’antica Diocesi di Luni e con la Diocesi di Modena; ad est con la Diocesi di Pistoia e di Firenze. Procedeva poi a sud, nel Valdarno inferiore, nella Val d’Elsa e nella Val d’Era, comprendendo i territori di Montopoli, S. Croce sull’Arno, Fucecchio e il castello di S. Miniato, sorto proprio per iniziativa dei vescovi lucchesi, venendo così a confinare con la Diocesi di Volterra e, ad ovest, con quella di Pisa. Tale vasto territorio rimase immutato fino agli inizi del sec. XVI.

Il Rinascimento e l’età moderna

Tramontata l’epoca dei Comuni, la nuova situazione politica venuta a crearsi nella Toscana del Rinascimento con l’espansione del Granducato, apportò modifiche anche sulle circoscrizioni ecclesiastiche. A subirne le maggiori conseguenze fu la Diocesi lucchese, il cui territorio si estendeva assai al di là dei confini della piccola Repubblica di Lucca, comprendendo zone soggette al Granduca di Toscana. Per tali ed altre ragioni, la Diocesi, nel corso di quattro secoli, dovette subire ben cinque smembramenti.

  • Nel 1519 Papa Leone X Medici innalzava a Prepositura l’antico piviere di Pescia, concedendo al Proposto una autorità quasi episcopale, indipendente dal vescovo di Lucca, su tutte le chiese e i paesi della Valdinievole e della Valleriana. Oltre 60 fra parrocchie, monasteri e ospedali venivano sottratti alla giurisdizione del vescovo di Lucca. Benedetto XIII nel 1726 eresse a Diocesi la Prepositura di Pescia.
  • Nel 1622, su istanza di Maddalena d’Austria Granduchessa di Toscana, papa Gregorio XV tolse alla Diocesi di Lucca 118 fra chiese, conventi e luoghi pii, per formare il nuovo vescovato di San Miniato al Tedesco.
  • Nel 1789 Pio VI, su istanza del Granduca Pietro Leopoldo, ordinò che i due vicariati di Barga e di Pietrasanta e la parrocchia di Ripafratta, per un totale di 18 parrocchie, entrassero a far parte della Diocesi di Pisa.
  • Nel 1822 veniva eretta da papa Leone XII la nuova Diocesi di Massa Carrara; la Diocesi di Lucca dovette cedere 41 parrocchie e 7 cure comprese nel vicariato di Garfagnana e nel priorato di Castiglione.
  • Nel 1853 Pio IX ordinò il quinto smembramento con la bolla Dum universi, staccando dalla Diocesi lucchese, per unirle a quella massese, le 9 parrocchie del vicariato di Gallicano.

A seguito di tali smembramenti, la Diocesi di Lucca, dal 1519 in poi è venuta a perdere quasi la metà del suo territorio, dando con origine a tre Diocesi: Pescia, S. Miniato e Massa Carrara, le cui popolazioni per tradizioni socio-culturali e religiose, restano ancora oggi fortemente legate all’antica Chiesa-madre.

L’Arcidiocesi oggi

L’11 settembre 1726 Benedetto XIII eresse la Diocesi di Lucca in Arcidiocesi. Tale titolo era stato impetrato dalla Repubblica a seguito della cessione fatta in favore di quest’ultima dal vescovo Bernardino Guinigi, della Jura o Contea vescovile, la quale comprendeva, oltre Diecimo, i paesi di Sesto, Aquilea, S. Stefano, S. Quirico, S. Cassiano, S. Lorenzo e S. Michele di Moriano.

Con Decreto della Congregazione dei Vescovi del 5 Settembre 1992, le parrocchie della Garfagnana sono passate dalla Diocesi di Massa Carrara – Pontremoli a quella di Lucca.

Privilegi

Il più antico privilegio della Diocesi lucchese è quello di essere sempre stata, fin dalla sua origine, immediatamente soggetta alla Sede Apostolica e mai sottoposta ad alcun metropolita.

Altro privilegio antichissimo – non più in vigore – è l’uso del Pallio, concesso ai vescovi lucchesi da Callisto II nel 1120.

A tale privilegio faceva quello dell’uso del pilèolo (o zucchetto rosso, proprio dei soli cardinali) e della croce astile, come i metropoliti, in tutte le funzioni pontificali.

Un privilegio singolare e ab immemorabili è l’accensione della stoppa posta sopra una graticola nel mezzo della chiesa, quando il vescovo di Lucca intona il Gloria in excelsis Deo;  consuetudine usata dagli imperatori d’oriente nella loro incoronazione e dai Sommi Pontefici, e che vuol significare la vanità delle cose terrene.

Altri privilegi furono concessi dagli Imperatori ai vescovi lucchesi: il titolo di Principi del Sacro Romano Impero e quello di Conti Palatini; il titolo e la giurisdizione di Conte di Diecimo e Conte di Piazza e Sala in Garfagnana e la giurisdizione temporale sopra molte terre e castelli della Valdinievole e del Valdarno.

Il privilegio di concedere dottorati in diritto civile e canonico, in filosofia e medicina fu accordato dall’Imperatore Carlo IV nel 1387, come anche il privilegio di creare Notai Imperiali e Cavalieri e di legittimare gli spuri.